Le lingue dei segni possono assolvere tutte le funzioni delle lingue naturali parlate: conversazione quotidiana, scambi intellettuali, ironici, poetici, filosofici. La differenza fondamentale fra le lingue parlate e le lingue dei segni sta nella modalità di trasmissione, nell’input ricevuto e nell’output prodotto: acustico-vocale per le lingue parlate, visivo-gestuale per le lingue dei segni.
Ignorati dai linguisti e dalla comunità scientifica i Segni vennero riscoperti alla fine degli anni Cinquanta grazie agli studi del medievalista e linguista William Stokoe, che dimostrò come essi non fossero un linguaggio disarticolato basato per lo più su aspetti mimici, ma che soddisfacevano tutti i criteri linguistici di un autentico linguaggio, con un lessico, una sintassi, e con la capacità di generare un numero infinito di proposizioni.
Una lingua dei segni è un sistema di gesti (autonomi, culturalmente codificati e traducibili in parole, talvolta iconici, più frequentemente arbitrari) che comprende regole lessicali, morfologiche e sintattiche, regole per la formazione delle voci del lessico e per la combinazione di tali voci in frasi (Klima, Bellugi, 1979; Volterra, 1981; Caselli et al., 1994; Radutzky, 1992), è a tutti gli effetti un codice linguistico ovvero un sistema di segni arbitrari atto alla trasmissione di messaggi tra un emittente e un ricevente.
In Italia la ricerca sistematica sulla LIS iniziò verso la fine degli anni Settanta per opera dei ricercatori dell’Istituto di Psicologia del CNR di Roma, diretto dall’equipe di Virginia Volterra. In stretta collaborazione con i sordi si verificò che tutti i risultati raggiunti per altre lingue dei segni erano riscontrabili anche nella LIS, stabilendo così che la LIS usata dalla Comunità Sorda Italiana è una lingua al pari delle lingue vocali e delle altre lingue dei segni e che come una lingua è espressione della cultura e delle tradizioni di una vera e propria minoranza linguistica, inserita in una maggioranza udente, ma ben distinta da essa. Le lingue dei segni o visive, come le lingue verbali, sono lingue storico-naturali mutabili nel tempo e collegate strettamente alla cultura della comunità che le usano. Nei diversi paesi ciascuna comunità di sordi crea e tramanda da una generazione all'altra una sua lingua, per cui esistono tante lingue dei segni diverse. Non si tratta, dunque, di un codice comunicativo universale, bensì esistono tante lingue dei segni quante sono le Comunità sorde sul pianeta: si parla di Lingua dei Segni Americana (ASL), Lingua dei Segni Spagnola (LSE), Lingua dei Segni Italiana (LIS) e così via. Le variazioni dialettali inoltre sono molto frequenti, forse molto di più che per le lingue vocali, e si differenziano da città a città, fra generazioni anziane e giovani, talvolta per sesso.
L’aspetto straordinario del “linguaggio dei sordi” consiste nell’essere l’unico linguaggio non orale che mostra di possedere la stessa autonomia delle lingue parlate, ecco perché si parla di lingue segnate straniere, prendendo le distanze dagli svariati codici mimico-gestuali, che si appoggiano alle lingue orali svolgendo solo una funzione complementare, incapaci di reggersi da soli. Ciascuna lingua dei segni ha sviluppato un codice proprio, legato alla particolare cultura in cui viene usato: per questo motivo uno stesso segno può avere significati completamente diversi all’interno delle varie lingue dei segni.
LIS, Lingua dei Segni Italiana
Le lingue dei segni veicolano scambi: intellettuali, ironici, poetici, filosofici. Esistono tante lingue dei segni quante sono le Comunità sorde sul pianeta. Senza contare i dialetti!